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Memoria e rimozione : il buon uso del ricordo

2017 - Franco Angeli

118-125 p.

  • Vale per i popoli quello che vale per gli individui: non vi è identità senza memoria. Per questo ricordare è una necessità. La nostra biografia tuttavia incontra continuamente cancellazioni, interruzioni, deviazioni che la psicoanalisi s'incarica di colmare e organizzare in una narrazione coerente. Ma la rimozione resta, entro certi limiti, un'attività necessaria in quanto non costituisce l'antitesi della memoria ma una sua componente, un dispositivo necessario al suo funzionamento. Dagli anni '50 in Italia è prevalsa una voglia di dimenticare che ha prematuramente cancellato le vicende della dittatura, delle persecuzioni politiche e razziali, della guerra, della resistenza, del conflitto civile che ha caratterizzato il primo dopoguerra.
  • Probabilmente non era possibile ricordare tutto, mantenendo vivo il conflitto. Nella maggior parte delle famiglie i genitori non hanno trasmesso ai figli la memoria delle loro vicissitudini, non hanno narrato le loro esperienze, dato parola alla paura, alla colpa, al rimorso, all'orgoglio o alla vergogna che accompagnano i grandi eventi storici. Come se fosse disdicevole e inopportuno ricordare il passato tanto per i persecutori quanto per i perseguitati. Si è così prodotta una società che è rimasta in parte priva d'identità nazionale, di sentimenti di cittadinanza, dotata di un debole senso dello stato e della responsabilità collettiva, incapace di accettare le regole del vivere civile.
  • Di fronte a un eccesso di rimozione, suggerisce Freud, occorre recuperare ciò che è stato, non solo per conoscerlo ma per riviverlo, per collegare in modo pertinente i fatti e gli affetti, le azioni e le emozioni. Solo al termine del processo di storicizzazione degli eventi alla tentazione della vendetta e alla logica della pena si può sostituire l'amnistia che, perdonando i colpevoli, non gli errori, ricostituisce il tessuto sociale dilacerato. Se questo "lavoro" non accade il rimosso ritorna come un rigurgito a perturbare la convivenza civile. [Testo dell'editore].
  • Remembrance and removal: the good use of the memory. No identity without memory: the same goes for nations as well for individuals. So remembering is a necessity. However our biography always comes across deletions, disruptions, deviations that psychoanalysis takes charge of filling and organising in a coherent narrative. Anyway removal is, within limits, a required work because it is not the opposite of memory, but a part thereof, a system required for the operation. Since the 1950s in Italy prevailed a will to forget that prematurely erased events of dictatorship, political and racial persecution, war, resistance, civil conflict that marked the Post-World War I.
  • Remembering everything in order to keep alive conflict probably was impossible. In most families parents did not pass on to their children the memory of their ups and downs, they did not tell their experiences or voice fear, fault, regret, pride or shame associated to great historical events. As is remembering the past was disgraceful and inappropriate both for persecutors and persecuted. The effect is a society with an incomplete national identity, weak citizenship, sense of statehood and social responsibility, unable to embrace civil code. In the face of an excess of removal, as Freud says, has to be retrieved everything that went before, not only for knowing it but for reliving, for connecting in a proper way facts and feelings, actions and emotions.
  • Only after the historicization of events revenge and punishment can be replaced by amnesty that, forgiving perpetrators, and not mistakes, reconstructs the dilacerated social fabric. Without this "work" what was removed comes back like a regurgitation to disturb the civil coexistence. [Publisher's Text].

Forma parte de

Educazione sentimentale : 27, 1, 2017