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Le agenzie di intelligence preposte alla sicurezza statale e dei cittadini sono poco studiate, ma molto criticate quando falliscono nei compiti di prevenzione loro attribuiti. La segretezza che, per ragioni di sicurezza, ne permea l'azione disincentiva la ricerca sociale su queste organizzazioni e tende a generare nei cittadini sospetto e sfiducia.
Un modo efficace per ragionare sulle logiche organizzative degli apparati di intelligence consiste allora nel focalizzare l'attenzione sul ruolo della segretezza, intesa come risorsa ma anche come vincolo alla loro azione. Partendo da questo punto di vista, e concentrandosi sulle sfide del terrorismo internazionale e delle migrazioni, è possibile sviluppare alcune riflessioni sul difficile equilibrio che deve esistere, in tali istituzioni, tra trasparenza e segretezza e, più in generale, tra sicurezza dei cittadini e tutela delle loro libertà individuali. Infine, dato che la segretezza chiama in causa la questione centrale della fiducia, diventa rilevante e promettente esplorare, in tutta la loro problematicità, le dinamiche fiduciarie esistenti all'interno delle singole agenzie di intelligence, tra le varie agenzie e tra queste e i cittadini.[Testo dell'editore]